Vittoria Coen
MY LIFE
2000
Sala Esposizioni, Borgo Valsugana
Nelle
lucide, pulite, esatte e contenute soluzioni formali che predilige,
Orlando Gasperini riversa un cosmo interiore ricco e intenso che non
cessa di confrontarsi, con tutto il coraggio necessario, con un cosmo
esterno osservato, esteriormente, in apparente distacco documentario,
in realtà con l’impatto costante della tensione. E’ parte di un
certo modo di osservare la realtà, questa chiarezza quasi
didascalica, adottata anche da altri artisti, che è comunicazione,
appunto, non necessariamente firmata, che non rivendica paternità
insostituibili, eppure richiama alla riflessione, senza gridare
denunce, sottintendendo, nella ricchezza dei colori, dei dettagli,
delle rassomiglianze, che dietro le immagini c’è altro, dietro i
corpi spesso esteticamente perfetti, dietro la vita vissuta in
assoluta normalità, al mare, in vacanza, per esempio, c’è altro.
Gli olii che rappresentano volti famigliari hanno la vita di ciò che
è conosciuto e amato, il noto che costituisce la trama solida del
nostro vivere, una rassicurazione, forse. Dall’altra parte il
sacro, il mistero del soprannaturale indirizzano altrove lo sguardo,
pur mettendolo di fronte, nel pluralismo degli oggetti e delle
situazioni, ai tanti aspetti del nostro tempo che sembrano piuttosto
autoriferirsi in una presenza perentoria e indiscussa. Situazioni,
sequenze da incubo, riferimenti culturali vai, si sviluppano accanto
a tranquillizzanti vedute serene di uomini, donne e ritratti
familiari. Non è stato mai interamente cancellato, nemmeno negli
anni del predominio stilistico più assoluto del concettualismo e del
minimalismo, il fascino della figurazione che non ha, d’altra
parte, niente in comune con tipi di figurazione ultra collaudati, e,
in un certo senso, ultra accademici nelle loro manifestazioni meno
originali. Le figure di Gasperini esprimono una posizione stilistica
complessa, che non produce, però, effetti di artificiale
complessità. Il taglio, intanto, non deve nulla alla macchina
fotografica, anche quando nei dettagli più accuratamente definiti,
la presa d’atto dell’elemento reale, del dato, conserva un suo
importante margine. C’è, infatti, in molti dipinti, accanto alla
conclamata normalità del ritratto, una sovrana indifferenza per la
verosimiglianza della situazione. Penso ad un’ala che fa parte
integrante della parte posteriore di un nudo, penso ad oggetti
eterogenei in ambiti eterogenei eppure “normali”, penso ad una
quotidianità alquanto filtrata, un po’ dirottata. Ed è tutto
chiaro, ben tradotto, con l’aiuto di un’attenzione che non è mai
riduttiva, che non trasforma la capacità di espressione nella
formulazione di uno stereotipo. Qualche salto associativo,
nell’atteggiamento costante di un’affermazione autentica, evita
la trappola del sentimentalismo, pratica il controllo delle emozioni,
riconcilia in modo sorprendente il dramma e la lirica, l’evento
che scorre e la durata che assicura la permanenza.